E’ in programma per questa mattina, mercoledì 20 maggio, la discussione da parte dell’Assemblea della Camera dei Deputati della proposta di legge n. 1335 recante “Modifiche al codice di procedura civile e abrogazione dell’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206”.
Si tratta di una proposta che, ove approvata, cambierà radicalmente la connotazione e (molto probabilmente) l’efficacia stessa dello strumento processuale dell’azione di classe risarcitoria introdotto nel nostro ordinamento giuridico nel 2009 ed in vigore dal 1° gennaio 2010.
Come ben noto, nei suoi primi cinque anni di servizio lo strumento di tutela collettiva previsto dall’art. 140 bis del Cod. Cons., anche per le ragioni sinteticamente illustrate qui, ha stentato a decollare nel nostro paese.
La proposta di legge di iniziativa parlamentare (On. Bonafede e altri) (approvata dalla II Commissione Giustizia lo scorso giovedì 14 maggio) è ambiziosa ed imponente.
In primo luogo, la proposta di legge colloca la nuova disciplina dell’azione di classe nel codice di procedura civile (scelta opportuna trattandosi, come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina, di uno strumento di aggregazione processuale).
La collocazione nel codice di procedura civile è di tutto rispetto: la proposta introduce un nuovo titolo nel libro dedicato ai procedimenti speciali interamente dedicato all’azione di classe e composto dagli artt. 840-bis – 840-sexiesdecies c.p.c..
Venendo meno la collocazione nel codice del consumo, viene reciso il vincolo funzionale di tutela (esclusiva) dei consumatori ed utenti.
La nuova azione di classe si presenta come uno strumento di tutela orizzontale a disposizione di chiunque (impresa o consumatore) sia danneggiato da un illecito di massa (questa scelta – che segna un significativo passo in avanti verso l’effettività dell’azione di classe nostrana – appare coerente con le timide indicazioni della Commissione UE nella Raccomandazione in materia di collective redress del giugno 2013 – qui la nota di commento di Assonime).
L’azione sarà esperibile in relazione alla tutela dei “diritti individuali omogenei” (ma non più anche degli “interessi collettivi”- viene dunque giustamente assorbita l’estensione operata dal legislatore nel 2012 il cui valore aggiunto in termini di tutela non è mai stato realmente percepito né dalla dottrina né dalla prassi) da ciascun componente della classe, nonché dalle associazioni o comitati preposti alla tutela di tali diritti.
L’azione avrà ad oggetto “l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”: non riguarderà più un numero tassativo di ipotesi (come nel testo vigente) ma avrà un carattere aperto essendo esperibile “nei confronti dell’autore delle condotte lesive”.
L’art. 840-ter c.p.c. disciplina la proposizione della domanda (che – come è attualmente – dovrà avvenire con atto di citazione da notificare anche al Pubblico Ministero) e il giudizio di ammissibilità. In netta cesura con la prassi attuale, il nuovo testo prevede espressamente che il giudizio di ammissibilità deve essere definito “entro 30 giorni dalla prima udienza”.
Un’altra apprezzata novità è la previsione secondo cui il giudice competente a conoscere l’azione di classe è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (viene quindi accolta una proposta di razionalizzazione in materia di competenza che avevamo suggerito al legislatore nel 2012)
Per garantire pubblicità alla procedura, la disposizione prevede che tutti gli atti salienti della stessa (ivi compreso l’atto di citazione) saranno pubblicati a cura della cancelleria nel sito web del Ministero della giustizia.
La nuova azione di classe innova l’attuale approccio bifasico prevedendo un’ulteriore fase dedicata alla eventuale liquidazione delle somme.
La nuova azione di classe si comporrà dunque di tre fasi:
- decisione sull’ammissibilità dell’azione;
- decisione sul merito dell’azione;
- (eventuale) liquidazione delle somme dovute / restituzioni agli aderenti.
La struttura resta di tipo opt-in per cui gli aderenti devono farsi formalmente avanti (anche senza assistenza di un difensore e tramite una procedura semplificata ed interamente informatizzata) per beneficiare degli effetti del giudizio e (di conseguenza) essere giuridicamente vincolati dalla sentenza. Se, da un lato, si è persa l’occasione di rendere realmente effettivo il sistema collettivo tramite l’induzione a che in Italia di un modello opt-out sulla scorta di ciò che sta succedendo nel Regno Unito, la nuova azione di classe prevede la possibilità̀ (tipica dei sistemi opt-out) di aderire anche a seguito della sentenza che accoglie l’azione di classe e che indica i presupposti oggettivi per l’inserimento nella classe (cfr. artt. 840-quinquies e 840-sexies c.p.c.).
La fase dell’ammissibilità è disciplinata dall’art. 840-ter c.p.c. ai sensi del quale l’azione di classe è dichiarata inammissibile se:
- è manifestamente infondata;
- è priva del requisito dell’omogeneità dei diritti;
- sussiste un di conflitto di interessi tra l’attore ed il convenuto.
Qualora l’azione sia dichiarata “manifestamente infondata” è espressamente previsto che l’attore “potrà riproporre l’azione di classe in presenza di circostanze diverse o nuove ragioni di fatto o di diritto”. La previsione sembra sciogliere un nodo interpretativo venutosi recentemente a creare sul punto in Corte di Cassazione e rispetto al quale è stata richiesta l’assegnazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass., Ordinanza del 24 aprile 2015)
L’ordinanza di inammissibilità è reclamabile in Corte d’appello, che decide entro 40 giorni (è prevista la possibilità di ricorrere successivamente in Cassazione). Qualora l’azione di classe viene ammessa a seguito del giudizio di impugnazione, la procedura prosegue dinanzi alla sezione del tribunale originariamente adita.
Il reclamo e il ricorso avverso le ordinanze ammissive non sospendono il procedimento davanti al tribunale, né sono previste ipotesi di sospensione facoltativa del giudizio come quella attualmente prevista dal c. 6 dell’art. 140 bis Cod. Cons. “quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo”.
Gli articoli 840-quinquies e 840-sexies c.p.c. disciplinano il procedimento per l’adesione all’azione che può avvenire alternativamente:
- nella fase immediatamente successiva all’ordinanza che ammette l’azione. In questo caso, è lo stesso tribunale, nell’ordinanza di ammissibilità, a fissare un termine per l’adesione ed a definire i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe. Coloro che aderiscono in questa fase, pur non assumendo la qualità di parte, possono ricevere tutte le informazioni dalla cancelleria e possono, al venir meno delle parti, riassumere il procedimento;
- nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio. Il tribunale, con la sentenza che accoglie l’azione, provvede in ordine alle domande risarcitorie e restitutorie proposte dall’attore ed accerta la responsabilità̀ del convenuto; al tempo stesso, però, definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe, individua la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti (anche da coloro che hanno aderito in precedenza) e assegna un termine non superiore a 180 giorni per l’adesione.Con la sentenza vengono nominati il giudice delegato (incaricato a gestire la procedura di adesione) ed un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare e che può essere anche l’avvocato dell’attore). Il rappresentante comune avrà un ruolo di leadership nella conduzione del contenzioso e avrà diritto a percepire per l’attività svolta un compenso in misura percentuale rispetto al valore del contenzioso di massa (vd infra). Con la sentenza viene inoltre fissato un importo che dovrà essere versato da ciascun aderente a titolo di fondo spese.
La fase successiva della procedura è quella in cui il giudice accoglie (o rigetta) le domande di adesione e (ove ne ricorrano i presupposti) condanna il convenuto al pagamento delle somme dovute agli aderenti o alle restituzioni (cfr. art. 840-octies c.p.c.)
La disposizione prevede che, a seguito della presentazione delle domande di adesione, il convenuto abbia diritto di prendere posizione su ciascuna domanda con la precisazione che i fatti dedotti dall’aderente e non specificatamente contestati dal convenuto nei termini si hanno per non contestati.
Successivamente, il rappresentante comune degli aderenti predispone un programma nel quale indica, per ciascun aderente, l’importo che il convenuto dovrà liquidare, chiedendo eventualmente al tribunale la nomina di esperti. Il giudice delegato decide quindi con decreto succintamente motivato sull’accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il convenuto al pagamento.
Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo. Se il convenuto provvede spontaneamente al pagamento, versa le somme dovute in un conto corrente intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune (art. 840-duodecies c.p.c.).
Se il convenuto non adempie è possibile dar corso ad una procedura di esecuzione forzata da esercitarsi in forma collettiva attraverso il rappresentante comune (cfr. art. 840-terdecies c.p.c.).
La procedura di adesione all’azione si chiude quando tutte le pretese sono soddisfatte, ovvero quando non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento, anche tenuto conto dei costi della procedura (art. 840-quinquiesdecies c.p.c.).
L’art. 840-novies c.p.c. disciplina il compenso che, a seguito del decreto del giudice delegato, il convenuto deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e ai difensori dell’attore. La previsione disciplina una sorta di patto di quota lite, considerato che il compenso per il rappresentante comune è stabilito in forma percentuale sull’importo complessivo che il convenuto dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe e in misura progressiva secondo alcuni scaglioni pre-stabiliti dal legislatore (tali scaglioni possono tuttavia essere oggetto di revisione da parte del giudice in funzione della specificità e complessità del giudizio).
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Nonostante qualche difetto di impostazione e alcune imperfezioni tecniche (che affronteremo in dettaglio se e quando sarà disponibile una versione più stabile del testo), la proposta di legge ha il pregio di collocare nella sede processuale l’istituto dell’azione di classe e di dotarlo di una disciplina organica che auspichiamo possa fornire una autonoma dignità (anche applicativa) al collective redress che in Italia, da troppo tempo, è in cerca una collocazione stabile e definitiva. Sullo sfondo resta la preoccupazione del mancato raccordo con le attività di recepimento della direttiva private enforcement (Dir. 2014/104) attualmente in corso e che rischia di tenere (ancora una volta) disallineato il dato normativo specialistico dell’antitrust rispetto allo strumento ormai divenuto generale di tutela collettiva.
Ma la discussione plenaria in Parlamento è appena cominciata e tutto (o forse niente) può ancora succedere…
MC