Si è tenuta ieri, 12 maggio, presso l’Universidad de Deusto a Bilbao l’ultima sessione del fortunato ciclo di cinque seminari organizzati dalla Autoridad Vasca de la Competencia (AVC) dedicati a Competitividad y Competencia e presieduti dalla Presidente AVC Maria Pilar Canedo.
Il seminario di ieri (qui il programma) ha fornito l’occasione per riflettere sulle modalità di enforcement delle regole di concorrenza nell’Unione Europea.
Si è parlato anche di private enforcement e dei lavori preparatori (quasi ultimati) per il recepimento in Spagna della Direttiva 2014/104 (il Prof. Alfonso Calvo Caravaca è membro del gruppo di lavoro ministeriale) ma il dibattito si è concentrato principalmente sullo stato attuale del meccanismo duale di enforcement in EU e sulle concrete possibilità future di un suo miglioramento in termini di efficacia e deterrenza.
Non è un caso che attualmente il Regno Unito (una delle società tradizionalmente più sensibili in Europa alle questioni concorrenziali e dove – come indica l’ultimo rapporto Eurobarometer su Competition Policy – c’è una diffusa consapevolezza dei cittadini sull’esistenza delle norme di concorrenza e sui meccanismi di enforcement a loro disposizione) stia rapidamente transitando da un sistema di enforcement 2.0 (basato essenzialmente sulla complementarietà tra applicazione ammnistrativa e quella “privata” – la cui efficacia pratica è nella maggior parte degli Stati Membri ancora ampiamente teorica stante l’assenza di un diffuso e sistematico ricorso al private enforcement) verso un sistema di enforcement complesso ed integrato che potremmo definire 3.0. Ho cercato di rappresentare graficamente questa transizione nel set di slide presentato durante il seminario (vd slides nn. 9-11).
La transizione che sta avvenendo nel Regno Unito mi sembra molto condivisibile ed è un chiaro segnale di maturità della competition policy: se fissare prezzi, ripartire mercati e clienti, limitare la produzione sono considerate dall’ordinamento giuridico (e dalla società) le violazioni più gravi (e dannose), è conseguente che vengano apprestati tutti gli strumenti necessari per evitare ex ante che dette condotte illecite si realizzino e per assicurare che quelle già realizzate siano adeguatamente sanzionate. Di qui il rafforzamento del public enforcement (prevendo sanzioni amministrative anche per coloro che – manager o dipendenti dell’impresa collusa – abbiano realizzato le condotte illecite), il rafforzamento del private enforcement (tramite l’introduzione di uno schema di collective redress di tipo opt-out) e la previsione di conseguenze penali in caso di violazioni gravi delle disposizioni in materia di intese restrittive (“hard core”). E’ questo, in estrema sintesi, il modello che si sta delineando nel Regno Unito.
Si tratta di un modello compatibile con il TFUE e con l’architettura istituzionale in materia di concorrenza e che potrebbe essere adottato anche in altri Stati Membri (sarebbero comunque necessarie alcune precauzioni vd. slide n.12). Ma in quale Stato dell’Unione c’è attualmente la volontà (ma anche la consapevolezza) politica per fare un simile passo in avanti?
Eppure è in atto una dura concorrenza tra economie e tra ordinamenti giuridici (anche in ambito UE) per attirare investimenti, menti, idee ed innovazione e, attualmente, il Regno Unito è il paese che meglio di tutti gli altri partner UE ha saputo valorizzare le opportunità di crescita e di sviluppo economico e sociale connesso con la protezione della concorrenza nel mercato. Per fare questo passo, come ha recentemente riconosciuto S. Blake (direttore della CMA), è necessaria una chiara ed incondizionata volontà politica a supporto della tutela e della promozione della concorrenza (vd slide n. 14).
In questi mesi, in Italia, nell’ambito dei lavori e del (ancora troppo) tenue dibattito sul recepimento della Direttiva 2014/104, si apre la concreta possibilità per il nostro legislatore di guardare al futuro del competition enforcement nostrano creando un meccanismo di applicazione delle regole di concorrenza moderno ed efficace e che non sia il mero cut&paste del testo (per la verità già assai ridimensionato rispetto alle importanti ambizioni che animarono la spinta legislativa verso il private enforcement) approvato a Brussels.
MC