Con sentenza del 4 giugno 2015, n. 11564, la Corte di Cassazione ha accolto l’appello proposto da un gruppo di grossisti agroalimentari verso una sentenza resa della Corte di Appello di Roma in materia di violazione del divieto di abuso di posizione dominante.
Secondo gli attori, la società convenuta Cargest S.r.l. , incaricata della gestione del Centro Agroalimentare di Guidonia, avrebbe abusato della posizione dominante detenuta sul mercato della gestione del complesso ospitante il mercato ortofrutticolo ed ittico all’ingrosso di Roma attraverso l’imposizione di condizioni vessatorie e discriminatorie. La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’azione in considerazione della mancata dimostrazione da parte degli attori della dimensione del mercato geografico rilevante, con particolare riferimento alla sua limitazione alla sola città di Roma e conseguente esclusione dei mercati ubicati nei territori delle province limitrofe.
La Corte di Cassazione ha accolto l’appello in considerazione del fatto che “la Corte di merito, senza svolgere un’attività istruttoria, ha fatto meccanica applicazione del principio generale onus probandi incumbit ei qui dicit nell’ambito di una private antitrust litigation non preceduta da un accertamento o da una decisione dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato”.
L’iter argomentativo è basato sui principi espressi dalla Direttiva 2014/104/UE in materia di azioni di danno antitrust, che vengono ampiamente richiamati in motivazione. In particolare, secondo i giudici di legittimità la necessità di garantire l’effettivo esercizio del diritto al risarcimento del danno subito dalle vittime di illeciti antitrust e le difficoltà di allegazione e probatorie specialmente in azioni c.d. stand alone, debbono imporre al giudice di valorizzare “in modo opportuno, gli strumenti di indagine e di conoscenza che le norme processuali già prevedono, mediante un’interpretazione estensiva delle condizioni stabilite dal codice di rito in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni (…) e, soprattutto, di consulenza tecnica d’ufficio, per l’esercizio, anche d’ufficio, dei poteri di indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata (…)”. La sentenza è stata dunque cassata in quanto “(q)uesto metodo non è stato seguito dai giudici di merito, i quali (…) hanno deciso la causa applicando meccanicamente il principio dell’onere della prova, senza valutare l’opportunità di attivare i poteri istruttori anche d’ufficio e mostrando di non cogliere la specifica peculiarità della controversia”.
Il testo della sentenza è disponibile qui.
Fonte: Corte di Cassazione