L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato, in data 27 novembre 2017, il parere rivolto al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei Deputati ed al Presidente del Consiglio dei Ministri (AS1452).
Il parere è stato formulato ai sensi dell’art. 22 L. n. 287/90 in merito ad alcune misure presenti nell’attuale testo del d.l. 148/2017 e nel DDL AC 4741 di conversione dello stesso, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie” (c.d. decreto fiscale), approvato al Senato e attualmente in discussione alla Camera.
L’Autorità rileva che nel testo in oggetto sono state introdotte alcune misure idonee ad ostacolare il processo competitivo, in particolare su due temi: le misure relative all’introduzione di un “equo compenso” per le professioni, e la riforma della raccolta dei diritti d’autore e le limitazioni poste a tutti i potenziali concorrenti di Siae diversi dalle collecting society provenienti da altri Paesi europei.
Per quanto riguarda il primo argomento, quello dell’equo compenso per prestazioni professionali, l’Autorità sottolinea che il ddl citato introduce, per tutte le professioni, una disciplina delle clausole vessatorie ulteriore rispetto a quella del Codice Civile e quella del Jobs Act. L’art. 19 quaterdecies, infatti, prevede l’introduzione di un nuovo articolo (art. 13 bis) all’interno della legge forense (n. 247/2012), al fine di prevedere una specifica disciplina sull’equo compenso delle prestazioni forensi applicabile nei casi in cui la prestazione professionale si svolga “in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese”.
La disciplina in questione introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra professionisti e i clienti, che fissino un compenso a livello inferiore dei valori previsti nei parametri individuati dai decreti ministeriali, sarebbero da considerare vessatorie e quindi nulle.
Di fatto, denuncia l’AGCM, tale norma torna ad introdurre i minimi tariffari, così ostacolando la concorrenza di prezzo tra professionisti.
Nota l’Autorità che è ben vero che tale nullità relativa potrebbe essere fatta valere unicamente dal professionista, e che tuttavia i clienti difficilmente accetteranno la fissazione di un compenso a livelli inferiori dei minimi, con il conseguente rischio di vedersi contestare poi il mancato rispetto del principio dell’equità.
Di conseguenza, tale norma si pone in contrasto con i principi a tutela della concorrenza, determinando una ingiustificata inversione di tendenza nel processo di liberalizzazione delle professioni.
Le tariffe professionali minime costituiscono infatti una grave restrizione della concorrenza secondo consolidati principi antritrust nazionali ed europei, poiché impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti ed utilizzare quello che è il più importante strumento concorrenziale, cioè il prezzo della prestazione.
Tali misure non sono giustificabili con il superiore interesse della salvaguardia dalla dequalificazione della professione. L’Autorità ha già più volte notato che è la sicurezza offerta dalla protezione di una tariffa fissa o minima a disincentivare l’erogazione di una prestazione adeguata, garantendo a professionisti, già affermati sul mercato, di godere di una rendita di posizione, e impedendo l’entrata nel mercato stesso a colleghi più giovani, che possono inizialmente offrire un prezzo più basso.
La reintroduzione di prezzi minimi limiterebbe quindi il confronto concorrenziale tra appartenenti alla medesima categoria, invece che tutelare gli interessi della collettività.
L’Autorità quindi evidenzia che ci sono altri modi per affrontare criticità connesse all’esistenza di possibili situazione di squilibrio contrattuale. L’AGMC porta ad esempio la possibilità per gli avvocati, introdotta recentemente, di costituire studi professionali in forma di società di capitali o studi multidisciplinari, tali da consentire il raggiungimento di economie di scala senza pregiudicare la qualità delle prestazioni.
L’AGCM conclude quindi che le norme richiamate non sono giustificate da un motivo imperativo di interesse generale né rispondono al principio di proporzionalità, perché hanno l’effetto di eliminare in radice il confronto concorrenziale.
Per quanto riguarda invece la gestione collettiva dei diritti d’autore, l’AGCM riconosce come l’art. 19 d.l. 148/2017 riconsideri il regime di monopolio della SIAE che ha sino ad oggi caratterizzato la raccolta dei diritti d’autore in Italia. Tuttavia, l’Autorità non ritiene che il processo di liberalizzazione sia completo.
Da una parte, infatti, l’art. 19 attribuisce, oltre alla SIAE, anche agli “altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35” la riserva esclusiva sull’attività di intermediazione sui diritti d’autore. Tuttavia, questa modifica determina una restrizione concorrenziale, perché limita la prestazione di questi servizi unicamente ad una categoria di soggetti, e cioè gli organismi di gestione collettiva.
Tale restrizione non appare, a detta l’Autorità, sorretta da alcuna esigenza imperativa di interesse pubblico connessa al funzionamento del mercato, anche visto che la norma stessa rende possibile l’ingresso di operatori diversi dalla SIAE.
L’Autorità auspica pertanto una modifica in senso concorrenziale dell’articolo 19, comma 1, del D.L. 148/2017, nel senso di aggiungere, dopo “ed agli altri organismi di gestione collettiva”, anche le parole “ed entità di gestione indipendente di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35”. Tale revisione appare, dunque, più coerente con la disciplina posta a tutela della concorrenza per quanto riguarda gli strumenti finalizzati a garantire effettiva tutela ad autori e utilizzatori.
In conclusione, l’Autorità auspica che le considerazioni sopra svolte siano tenute in adeguata considerazione nel prosieguo dell’iter legislativo di approvazione del d.l. 148/2017 e del DDL AC 4741 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie” (c.d. decreto fiscale).
Fonte: AGCM